La retention non è solo una metrica di marketing, ma una vera e propria competenza strategica capace di trasformare l’esperienza del cliente in valore per l’impresa. Fidelizzare significa creare relazioni durature, costruire fiducia e generare un ciclo virtuoso in cui soddisfazione ed engagement diventano motore di crescita.
Articolo di Ilaria Mereu
Nel contesto attuale, progettare per competenze significa anche saper lavorare con intelligenza sulla fidelizzazione.
In questo articolo esploriamo perché la fidelizzazione non è un effetto collaterale fortunato, ma il risultato di una competenza precisa: la capacità di progettare relazioni solide, misurabili e coerenti con l’identità del centro. C’è un pattern ricorrente in moltissimi istituti estetici: il cliente arriva, viene accolto, esprime un bisogno (più o meno consapevole), riceve il trattamento richiesto e poi… fine. Nessun progetto, nessuna traiettoria. Solo una serie di prestazioni, spesso slegate tra loro, che si esauriscono nel tempo di un appuntamento. Questo però non è un modello imprenditoriale.
È una gestione reattiva, che subisce il cliente invece di guidarlo. E mentre l’estetista lavora a testa bassa, il cliente vola via — senza che nessuno, davvero, se ne accorga. Eppure, la fidelizzazione non è frutto del caso o della fortuna. È il risultato di una strategia precisa, coerente con l’identità dell’istituto, capace di mappare il percorso del cliente nel tempo, stimolandolo e accompagnandolo nella crescita del proprio benessere. Perché sì: anche il cliente va “educato”. Va nutrito con proposte pertinenti, ascoltato con attenzione, accolto in un contesto che evolva con lui. Una frase che sento spesso pronunciare è: “Le clienti che ho non spendono.” Ma prima di rassegnarsi, bisognerebbe chiedersi: Sono davvero clienti ideali, in linea col mio posizionamento? E ancora: Quali azioni sono state attivate per far sì che frequentino di più e investano meglio?
Troppo spesso i centri estetici investono energie e risorse nell’acquisizione di nuovi clienti, trascurando la retention come leva strategica di crescita.
Acquisition: il riflesso condizionato del “subito pieno”
In moltissimi centri estetici, il focus resta ossessivamente orientato all’acquisizione.
Si lanciano promozioni a raffica, si moltiplicano le offerte a tempo, si inseguono i numeri di giornata. Il risultato? Le agende si riempiono — in certi periodi anche troppo — ma senza una reale strategia di valore alle spalle. E quando il cliente percepisce esclusivamente l’esecuzione del servizio richiesto o l’urgenza della vendita, senza la cura dell’esperienza, è difficile che torni. O, peggio ancora, torna per abitudine, ma smette di ascoltare. Diventa sordo, disaffezionato, passivo. Eppure, spesso, la logica resta quella del “cassetto pieno”, dimenticando che: più clienti non significa più valore, soprattutto se il servizio si fa approssimativo, se manca il tempo per accogliere bene, spiegare, ascoltare, congedare con attenzione. È qui che la strategia mostra il suo peso. Saturare l’agenda senza lasciare spazio ai touch point fondamentali (accoglienza, consulenza, proposta retail, follow-up, saluto) è una scelta miope, che sacrifica la customer experience sull’altare della produttività immediata. Il risultato?
Il cliente “entra”, ma non si affeziona. E nel giro di pochi mesi, lo si perde, spesso senza nemmeno accorgersene.
Retention: la strategia silenziosa che fa crescere davvero
Nel linguaggio del marketing, retention significa capacità di trattenere un cliente nel tempo, aumentandone la frequenza, il coinvolgimento e il valore. Ma nel mondo dell’estetica, retention significa molto di più: significa far sentire il cliente al centro di un progetto che evolve con lui; significa costruire una relazione solida, affidabile, personalizzata. Significa non farsi scegliere solo una volta, ma diventare la scelta naturale nel tempo. Ecco perché la retention non è un risultato fortuito, ma una strategia vera e propria, che va progettata, nutrita e monitorata. Non è questione di simpatia, fortuna o promozione ben riuscita. È visione imprenditoriale. Chi lavora sulla retention:
- pianifica il viaggio del cliente nel tempo (con percorsi, milestone, follow-up);
- stimola il ritorno con contenuti e proposte coerenti con i bisogni; • cura ogni punto di contatto come occasione di relazione (non solo di erogazione);
- offre continuità, non solo varietà;
- osserva e ascolta, per orientare alla scelta più affine alle esigenze e ai desideri.
Il vantaggio? È doppio.
1. economico: un cliente fidelizzato spende mediamente fino al 30% in più rispetto a uno nuovo;
2. reputazionale: un cliente coinvolto parla, consiglia, consiglia ancora. Diventa un mezzo potentissimo di passaparola e rafforza anche il personal branding dell’istituto.
VOC: la competenza dell’ascolto che trasforma la relazione in strategia
VOC, Voice of Customer, significa “voce del cliente”.
È una disciplina nata nel mondo del marketing e della customer experience che si occupa di raccogliere, analizzare e tradurre i feedback in azioni migliorative. Nel nostro settore, significa uscire dalla logica del “va tutto bene” di cortesia, e imparare ad ascoltare davvero. Ascoltare non solo il bisogno estetico, ma anche le sensazioni, le emozioni, i dettagli che rendono un’esperienza piacevole oppure no.
Un caso reale
Una mia allieva ha applicato questo principio con una cliente che si mostrava riluttante a continuare un programma drenante, nonostante in reception – alla domanda di rito “com’è andata?” – rispondesse sempre: “Tutto bene.” Ma “tutto bene” non basta. Serve andare oltre.
Attraverso un follow-up strutturato, la professionista ha scoperto che la cliente provava freddo durante il trattamento: lo split, in piena estate, era diretto sul lettino e, unito al bendaggio crio, rendeva l’esperienza poco rilassante. Questo dettaglio, sfuggito nei feedback veloci, ha cambiato tutto. La soluzione è stata semplice: nuovo posizionamento del condizionatore, esplorazione più profonda in fase di consulenza (caldo/freddo, abitudini, preferenze), e introduzione di un check intermedio ogni due trattamenti. Un monitoraggio che non serve solo a “chiedere com’è andata”, ma a:
- esplorare il livello di gradimento reale;
- capire se il cliente sta usando il retail;
- proporre referenze o trattamenti complementari.
Certo, l’agenda è cambiata:
1 ora di trattamento è diventata 1 ora e mezza. Ma quella mezz’ora in più non è tempo perso, è relazione, è strategia, è retention.
KPI umani: misurare ciò che fa davvero la differenza
Nel lavoro di ogni giorno, siamo abituate a valutare la performance delle risorse attraverso numeri immediati: quante cerette ha fatto, quanto retail ha venduto, quanti trattamenti ha erogato. Tutto giusto, certo. Ma è solo una parte della storia. Se il nostro obiettivo è migliorare la retention, allora dobbiamo iniziare a chiederci: • chi è che riesce a creare davvero un legame con il cliente? • Chi stimola il ritorno spontaneo, senza dover lanciare promozioni?
- Chi sa ascoltare, proporre, anticipare i bisogni?
- Chi accompagna il cliente lungo tutto il suo percorso?
Ecco, queste non sono soft skill generiche, ma competenze strategiche. E vanno misurate. Perché ciò che misuri, puoi svilupparlo. Alcuni esempi di KPI orientati alla retention:
- tasso di ritorno dei clienti trattati (quanti clienti tornano con quella professionista nel mese successivo?);
- livello di proposta personalizzata (quante volte è stato suggerito un percorso coerente con il profilo del cliente?);
- frequenza e qualità del follow-up;
- tasso di conversione da consulenza a trattamento; • soddisfazione media rilevata tramite questionari o conversazioni strutturate.
Piccolo centro, grande visione
C’è un’idea, ancora troppo diffusa, secondo cui la strategia sarebbe una cosa “da grandi”: da catene, da spa, da aziende con manager e budget.
Ma la verità è un’altra: ogni realtà, anche la più piccola, può diventare un’impresa di successo, se guidata da visione, metodo e competenze. Anzi, proprio nei centri più piccoli c’è uno straordinario potenziale di relazione, di personalizzazione, di prossimità. È lì che la retention si può coltivare davvero: con tempo dedicato, ascolto attento, percorsi costruiti con cura. Nella coerenza tra ciò che promettiamo e ciò che facciamo vivere. Nell’intenzione con cui progettiamo l’esperienza, il percorso, la relazione. Perché ogni cliente che resta, ogni cliente che torna, ogni cliente che parla bene di noi…è il risultato di una strategia invisibile, ma concreta. Una strategia che parte sempre da lì: da una visione chiara e dalla volontà di prendercene cura.
Ti interessa questo argomento? Guarda la diretta con Ilaria Mereu!


