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Quando lo stato non aiuta la vittima

Di Laura Satta

Di cose, in questi mesi di illegittima segregazione della popolazione italiana, se ne sono dette tantissime; si è detto tutto e anche il contrario di tutto.

Ma la televisione e i giornali, insomma i media “mainstream”, coloro che si sono autodefiniti “i professionisti dell’informazione”, molti argomenti li hanno volutamente tralasciati. Evidentemente era molto più funzionale e importante mantenere i cittadini immersi nella paura del virus e del contagio, con ripetuti martellanti e insistenti messaggi, anche in forma di spot pubblicitario, contenenti perfino indicazioni su quello che si doveva fare tra le quattro mura. Rimanere tappati in casa, a qualsiasi costo, anche a discapito della propria salute psicofisica, è il nuovo mantra del 2020. Lo Stato, che vende tabacchi e alcool, responsabili rispettivamente di 70-83mila decessi all’anno (fonte Ministero della Salute) e di 435mila morti negli ultimi dieci anni (fonte Enpam-Eurispes 2018), con conseguenze sociali, famigliari ed economiche che investono anche chi non fuma e non beve, è arrivato a decidere di cosa non si deve morire e per quali cause all’essere umano è ancora consentito trapassare a miglior vita.

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Quindi, uscire per comprare le sigarette oppure per acquistare un gratta e vinci (il gioco d’azzardo patologico che oggi ha raggiunto un’incidenza a dir poco preoccupante in Italia) erano (e sono) motivazioni valide e rispettabili. Uscire di casa per sporgere denuncia, non è detto.

Ho ricevuto personalmente testimonianze di donne vittime di “revenge porn” (che si erano accorte che il fidanzato aveva caricato loro video intimi sulla rete), ma anche di gravi maltrattamenti, che si sono recate nelle caserme o nelle questure per sporgere denuncia o una querela e si sono sentite rispondere che il loro comportamento era da pazze irresponsabili, che non avrebbero dovuto uscire di casa, perché stavano mettendo a rischio la pubblica incolumità. Una risposta data come se tutti avessero agevolmente la possibilità di telefonare al 112 dalla propria casa; come se stoppare la circolazione di un virus influenzale fosse più importante dello stoppare tempestivamente la diffusione indebita di proprie immagini o propri video pornografici su internet, o ancora subire maltrattamenti psico-fisici. L’abuso del criminale si intreccia e si confonde con l’abuso delle istituzioni.

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