di Laura Satta
La violenza di genere contro le donne è una delle reali pandemie che affligge il mondo ma una cospicua fetta della popolazione mondiale continua ad angosciarsi per problemi assai meno gravi, manovrata e stressata ad arte dai “professionisti dell’informazione”.
Cosa succederebbe se si parlasse, con la stessa insistenza tormentante e quotidiana del danno, altamente impattante per la società, del fumo o dell’alcool o della violenza domestica o degli abusi sessuali sui minori? Immaginiamo di accendere la televisione e vedere il che telegiornale illustra con minuziosa pignoleria a quante persone quel giorno è stato diagnosticato il tumore ai polmoni o alla gola, oppure quanti hanno ricevuto l’infausta diagnosi di cirrosi epatica, oppure quanti ubriachi alla guida hanno ucciso persone sobrie, o ancora quante donne sono finite al Pronto Soccorso per lesioni da maltrattamento o quante querele sono state depositate o quanti arresti sono stati eseguiti per abusi sessuali su minori.
Vedremmo, con ogni probabilità, una contrazione notevole dei seguenti dati, questi si, spaventosi:
DECESSI ANNUALI PER FUMO IN ITALIA: 83.000 esseri umani all’anno, il 25% dei quali ha un’età compresa tra i 35 e i 65 anni di età; (fonte Ministero della Salute).
DECESSI DEGLI ULTIMI DIECI ANNI PER ALCOOL IN ITALIA: 435.000 morti, dal 2008 al 2017, per malattie alcol-correlate, incidenti, omicidi e suicidi ad esso dovuti; (fonte Osservatorio permanente Eurispes- Enpam su “Salute, previdenza e legalità”).
E LA VIOLENZA? I dati sono talmente terrificanti da lasciare senza parole.
Una donna (o ragazzina/bambina) su tre sperimenta, nel corso della sua vita, una qualche forma di abuso legata al suo genere:
- Il 35% delle donne nel mondo ha subito violenza fisica e/o sessuale, dal partner oppure da altra persona;
- Il 7% delle donne nel mondo ha subito violenza sessuale da un individuo che non era il partner;
- Il 38% degli omicidi che hanno come vittime le donne è commesso dal partner;
- 200 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali.
In nessuna nazione nel mondo le donne sono immuni da una qualche forma di violenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), organismo politico finanziato privatamente che utilizziamo come fonte, sebbene nell’ultimo periodo abbia dimostrato un’affidabilità assai limitata, in uno studio del 2005 ha concluso che ben più del 50% delle donne in BANGLADESH, ETIOPIA, PERÚ e TANZANIA sono state vittime di violenza fisica e/o sessuale agita dal loro compagno, con percentuali che raggiungono addirittura il 71% in alcune aree rurali dell’Etiopia. Un’indagine antecedente sempre svolta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha concluso che nel Regno Unito almeno il 30% delle donne è stata fisicamente abusata dal compagno o dall’ex, percentuale che negli Stati Uniti si attesta al 22%, un numero enorme, dove i fenomeni di violenza sono particolarmente intensi nella fascia d’età 16-24.
Il CDC (Center for Disease Control and Prevention) americano ha stimato che l’impatto economico della violenza agita dal partner all’interno di una relazione supera i 5,8 miliardi di dollari all’anno: 4,1 miliardi per le cure mediche e i trattamenti connessi alla sfera della salute, mentre le perdite legate alla produttività economica rappresentano quasi 1,8 miliardi di dollari. Se ci soffermiamo a parlare della sola violenza sessuale, un reato che lascia le vittime con disordini e cicatrici psicologiche profondissime, che le accompagneranno per tutta la vita, le statistiche sono ancora più allarmanti.
Nel Mondo, è il Sudafrica a detenere il triste primato di nazione con il più alto tasso di stupri, con 132,4 casi ogni 100.000 persone.
Secondo un sondaggio condotto dal South African Medical Research Council (Consiglio sudafricano per la ricerca medica), un uomo su quattro ha ammesso di aver commesso uno stupro. Sebbene il Parlamento del Sudafrica abbia tentato di modificare e rafforzare tutte le leggi sulla violenza sessuale con la modifica del diritto penale nel 2007, i tassi di stupro denunciato, abuso sessuale di bambini e violenza domestica sono continuati a crescere. Giusto per effettuare una veloce comparazione, negli Stati Uniti hanno un tasso di stupro di 27,3 casi ogni 100.000 persone e si collocano al 14° posto nella classifica mondiale.
La violenza carnale è gravemente sottostimata a causa della vergogna delle vittime che spesso decidono di non procedere. Solo il 9% degli stupratori negli Stati Uniti viene perseguito e solo il 3% degli stupratori trascorrerà almeno una giornata in pri- gione. Il 97% degli stupratori negli Stati Uniti cam- minerà libero.
In America, tuttavia, i crimini sessuali sono gravemente puniti e considerati socialmente molto esecrabili; diverse misure sono state sviluppate negli anni per contrastarli, tra cui il registro dei “sex offender”, istituito in seguito a raccapriccianti casi di cronaca. Il 17 maggio 1996 entrò in vigore la Meghan Law, una specie di “Decreto Legislativo” volto a prevenire i reati sessuali e i crimini contro i bambini.
La legge prende il nome di Megan Kanka, una bambina di 7 anni del New Jersey, violentata e assassinata il 29 luglio 1994 dal suo vicino, il 33enne Jesse Timmendequas. Già in precedenza, dopo il rapimento e l’omicidio di un altro bambino nel 1989, Jacob Wetterling, veniva approvato nel 1994 lo Jacob Wetterling Act al fine di istituire il primo registro statale degli autori di reati sessuali.
Ogni stato doveva creare un proprio registro dei criminali sessuali per l’uso privato delle forze dell’ordine locali, ma il tipo di informazioni raccolte e le norme sull’applicazione della registrazione degli autori del reato, variavano ampiamente da stato a stato e le informazioni erano in genere non disponibili al pubblico. Per tal motivo, la reale efficacia complessiva dei registri rimaneva assai limitata e non preventiva. Dopo aver perso Meghan, Richard e Maureen Kanka, i genitori della piccola vittima, avevano fortemente sostenuto le riforme della legge già esistente.
Due anni dopo entrava in vigore la Meghan Law: i nomi, i luoghi in cui si trovavano e altre informazioni critiche sui i criminali sessuali, venivano obbligatoriamente inserite nei registri statali e condivisi non solo con le Forze dell’Ordine, ma anche con i membri della comunità.
L’unico paese europeo che compare nella classifica dei primi dieci paesi peggiori è la Svezia, che si posiziona al 6° posto, con un tasso di stupro di 63,50 casi ogni 100.000 persone; In Italia, abbiamo un tasso di stupro di 7,6 casi ogni 100.000 persone e ci collochiamo al 47° posto nella classifica dei peggiori paesi. Ma se il numero ufficiale di stupri in Svezia è 20 volte superiore rispetto a quelli denunciati in Italia, il significato va ricercato altrove. In Svezia quasi ogni stupro viene denunciato; in Italia, che non vanta di certo un contesto sociale e ambientale per la donna migliore rispetto alla Svezia, il numero di stupri reali è certamente molto più elevato rispetto al numero di stupri denunciati (3 per 100.000).
Basti pensare che tra i paesi “più virtuosi” inseriti nella classifica vi sono paesi musulmani come l’Egitto e certamente non per il fatto che si tratta di nazioni ove gli stupri non accadono. Semplicemente non è possibile denunciarli perché sono socialmente tollerati, legali o motivo di grave pericolo per la donna vittima (e in alcuni paesi, come l’India, addirittura consentiti legalmente se avvengono a livello coniugale o a titolo di ritorsione).
Poco è stato fatto dal punto di vista legale, ancora meno dal punto di vista educativo e nulla dal punto di vista comunicativo e formativo.
(Ulteriori fonti: Nationmaster.com, UNIFEM, Amne- sty USA, Stopvaw.org, findcounseling.com)