Vi presentiamo gli articoli che hanno concorso al Premio Mabella all’interno della cerimonia di premiazione dei KP Awards. In questo elaborato, Monica Monti ci parla di dismorfofobia: l’eccessiva preoccupazione per i propri difetti fisici, spesso immaginari o comunque di entità sicuramente inferiore a quanto percepito e ritenuto dal soggetto.
Detta anche dismorfofobia o disturbo da dismorfismo corporeo, questa patologia è caratterizzata da una eccessiva preoccupazione per difetti fisici, spesso immaginari o comunque di entità sicuramente inferiore a quanto percepito e ritenuto dal soggetto.
L’attenzione può rivolgersi ad ogni parte del corpo che può essere criticata per le sue dimensioni o per la sua forma: naso, bocca, orecchie, i capelli, la pelle.
L’età d’insorgenza è molto precoce, già intorno ai 10-15 anni, e la distribuzione fra i sessi è simile. La diagnosi è invece spesso più tardiva a causa dell’estrema reticenza e della vergogna che i pazienti hanno a parlare del loro problema. L’eccessiva attenzione verso l’aspetto fisico, tipica della nostra cultura, ormai così fagocitata dai social, ha certamente determinato un aumento dell’incidenza di questo disturbo e di altri come l’anoressia nervosa, ambedue caratterizzati da un’alterata percezione del proprio corpo, svalutato e spesso mortificato, unicamente percepito come fonte di sofferenza e vergogna, luogo in cui vengono riposti vissuti che hanno sicuramente una origine ben più profonda.
La preoccupazione in questa patologia acquisisce note fobico-ossessive, determinando un grave disagio personale, un profondo stato di vergogna e inadeguatezza che si ripercuote sulla vita sociale, di relazione e lavorativa.
Chi soffre di questo disturbo tende ad evitare i contatti sociali e in alcuni casi si può arrivare ad un isolamento totale, fino a casi estremi in cui i soggetti escono di casa soltanto nelle ore notturne. Per mascherare il “difetto” vengono attuati comportamenti rigidi come il mantenere posture fisse e dedicare ogni giorno molto tempo al trucco o alla pettinatura, senza peraltro raggiungere mai una sufficiente tranquillità.
Spesso la coscienza di malattia è molto scarsa, questi soggetti mancano totalmente della consapevolezza che il problema è di tipo psicologico e non estetico, ritengono che la loro preoccupazione sia basata sulla presenza di un grave e reale difetto fisico e non dipenda da un loro modo alterato di percepirsi. Per questo motivo non possono trarre alcun beneficio dalle rassicurazioni o dalle esperienze di gratificazione personale, né da tutti i tentativi per migliorare il proprio aspetto.
Questi pazienti sono inoltre altrettanto rigidamente convinti che gli altri concentrino la loro attenzione su di loro e sui difetti presunti, criticandoli, giudicandoli e deridendoli per il loro aspetto fisico. Da ciò derivano le gravi conseguenze sulla vita di relazione che va riducendosi fino a casi estremi di ritiro sociale assoluto.
La maggior parte di questi pazienti è quindi, erroneamente, convinta che correggendo il difetto fisico potranno finalmente vivere sereni, per questo solitamente si rivolgono in prima istanza alla chirurgia plastica, anche quando il difetto obiettivamente non esiste. Questi soggetti hanno però attese irrealistiche e rimangano il più delle volte insoddisfatti del risultato chirurgico ottenuto o comunque rivolgono in breve tempo la propria attenzione ad un’altra parte del corpo, che diventa la nuova fonte di angoscia e di vergogna. Fortunatamente molti chirurghi chiedono una valutazione psicologica nei casi in cui ravvisano una preoccupazione e un’ansia incongrua rispetto alla realtà dei fatti.
La maggior parte di questi pazienti è quindi, erroneamente, convinta che correggendo il difetto fisico potranno finalmente vivere sereni, per questo solitamente si rivolgono in prima istanza alla chirurgia plastica, anche quando il difetto obiettivamente non esiste. Questi soggetti hanno però attese irrealistiche e rimangano il più delle volte insoddisfatti del risultato chirurgico ottenuto o comunque rivolgono in breve tempo la propria attenzione ad un’altra parte del corpo, che diventa la nuova fonte di angoscia e di vergogna. Fortunatamente molti chirurghi chiedono una valutazione psicologica nei casi in cui ravvisano una preoccupazione e un’ansia incongrua rispetto alla realtà dei fatti.
Qualcuno può essere ossessionato dal bisogno continuo di controllare la propria immagine allo specchio o viceversa alcuni pazienti evitano assolutamente di specchiarsi.
Il decorso, se non trattato, è cronico e ingravescente e spesso questi pazienti vanno incontro ad una depressione, recenti studi confermano che più dell’80% dei pazienti affetti da dismorfofobia presenta anche un disturbo di personalità soprattutto di tipo evitamento, dipendente, ossessivo-compulsivo.