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Il trucco mi fa bella?

di Paolo Guatelli

Ascolto, osservazione, apertura dei bisogni profondi e spesso inconsci del cliente, solo così il make-up diventa valorizzazione dell’unicità di ogni individuo. Tutte le risposte nella Morfopiscologia. Ne parla il famoso make-up designer Paolo Guatelli. 

Il trucco mi fa bella?

A questa domanda la risposta più scontata è “Certo! Ogni volta che mi trucco mi vedo più carina”. Eppure molti sostengono che l’importante è essere belli dentro, non è fondamentale l’aspetto o ciò che appare agli occhi degli altri. Questo principio è valido a livello profondo ma… non prendiamoci in giro! Fino ad oggi non ho incontrato una donna, soprattutto tra coloro che sostenevano di non amare il make-up o addirittura di non averne bisogno, che non si sia emozionata una volta migliorato il proprio aspetto dopo una seduta di trucco efficace.

Il trucco rende belle, ma il risultato lo si ottiene nel momento in cui la finalità da parte del professionista diventa la valorizzazione dell’unicità di ogni individuo. La scelta quindi è quella di allontanarsi o perlomeno non omologarsi ai modelli di bellezza che derivano soprattutto dal mondo dei social, collegati all’idea che il make-up possa cancellare i difetti rendendoci “perfetti”.

Un ulteriore errore di fondo che noto nell’insegnamento tradizionale del trucco è il prendere ancora oggi come riferimento incondizionato i canoni classici dettati da grandi architetti dell’antichità come Policleto e Vitruvio che, per quanto importantissimi dal punto di vista storico e architettonico, non sono aderenti alla realtà attuale.

Questa ricerca esasperata ma utopistica di un modello di perfezione assoluta, porta molte donne ad uno stato di frustrazione che le rende costantemente insoddisfatte del proprio aspetto. Diventa così sempre più frequente la volontà di alterare la propria immagine, non soltanto con il trucco ma anche e soprattutto attraverso alcuni stili di chirurgia estetica invasiva, per fuggire dal percorso tortuoso ma meraviglioso di scoperta e accettazione della propria identità e della propria unicità.

La legge di analogia e corrispondenza attribuita alla figura leggendaria di Ermete Trismegisto afferma: “Come sopra così sotto, come sotto così sopra. Come dentro così fuori, come fuori così dentro. Come nel grande così nel piccolo.” Se riflettiamo su questo principio e lo associamo al mondo dell’estetica ci rendiamo conto che il nostro aspetto racconta come siamo interiormente, e che agendo su di esso possiamo influire sul nostro carattere. Da molti anni ho approfondito gli studi di Morfopsicologia Olistica Transpersonale, evoluzione della Morfopsicologia tradizionale, sviluppata da Angiolo D’Ambrosio. Posso quindi affermare con certezza, e dimostrarlo, che un make-up armonioso può realmente mettere in contatto le persone con il proprio Essere, aumentando l’autostima e facendo spesso emergere sfumature della personalità totalmente sconosciute.

Vi chiederete in che cosa consiste la Morfopsicologia: si tratta dello studio del carattere attraverso le forme del volto. Ebbene sì, il nostro viso racconta di noi molto più di quanto crediamo. Su di esso possiamo leggere la nostra storia, le potenzialità inespresse, le esperienze vissute e quelle non vissute, la nostra passionalità, il nostro bisogno di amare e di essere amati, la nostra concretezza, la nostra capacità di immaginazione, e non solo.

Quest’anno a Detto Fatto Rai2, il programma dove ho il piacere di avere da sette edizioni un mio spazio dedicato al make-up, ho parlato di “Trucco dell’Anima”, interpretando il volto delle mie ospiti secondo l’approccio morfopsicologico, e i risultati sono stati veramente entusiastici.

A prescindere dalla televisione, ho avuto e ho l’opportunità di lavorare in molti paesi nel mondo caratterizzati da culture nettamente differenti tra loro come Cina, Russia, Stati Uniti, Argentina, Australia, Emirati Arabi, Sudafrica. Sono appena tornato dall’India, e più precisamente da Bombay dove ho tenuto uno show di make-up, e anche in questo caso posso confermare che in ogni donna, e in ogni uomo, è insito il desiderio di essere un po’ più belli di come ci si vede. 

Da sempre sostengo che un professionista, quando trucca, non debba farsi prendere dalla foga di ostentare le proprie capacità a tutti i costi. Davanti a sé ha un soggetto, non un semplice oggetto da decorare, e per questo motivo dovrà prima di tutto porsi in un atteggiamento di ascolto, di osservazione e di apertura ai bisogni profondi e spesso inconsci del cliente.

Il passo successivo consiste nell’enfatizzare i punti di forza del volto con la realizzazione di un look a volte soft, a volte più aggressivo, che influisca anche sullo stato d’animo in base alle diverse circostanze.

Oltre vent’anni fa ho ideato il termine Bell’Essere®, che sintetizza quello che dovrebbe essere il risultato del lavoro del professionista dell’estetica: evidenziare la bellezza fisica in ogni persona mettendola in
armonia con il proprio Essere profondo. Un altro aspetto importante che deriva dall’esperienza e dalla maturazione professionale è la capacità di sintesi. Per valorizzare un volto non esiste uno schema predefinito e rigido nella scelta e applicazione del make-up. Così come in alcuni casi è indispensabile usare un certo numero di prodotti, in altri è ugualmente importante semplificarne l’utilizzo riducendo la sequenza a tre, quattro passaggi che possano essere facilmente replicati dalla cliente.

Ricordiamoci e non sottovalutiamo che la qualità dei prodotti utilizzati è fondamentale. Grazie alle normative attuali per la commercializzazione dei cosmetici, fortunatamente molto rigide, è oggi oggettivamente difficile trovare sul mercato ufficiale prodotti che “facciano male” alla pelle. La differenza la fanno però le formulazioni che “fanno bene”, che sono ricche di principi attivi tali da rendere un prodotto trucco molto vicino al concetto di skincare, di trattamento e protezione dell’epidermide.

Nella mia linea PAOLO GUATELLI MAKEUP ho voluto mettere in primo piano queste caratteristiche per soddisfare le esigenze che accomunano le donne di ogni età e di ogni cultura: usare tutti i giorni prodotti di alta qualità semplici da applicare, confortevoli e a lunga tenuta. A questo concept ho aggiunto l’ideazione di un oggetto esclusivo, ad oggi ancora unico a livello mondiale: BBox®, lo smartphone cosmetico modulare dove alloggiare tutti i formati dei prodotti della gamma per portare sempre con sé il proprio kit personalizzato.
Avrò modo prossimamente di approfondire le tematiche a cui ho accennato in questo articolo per offrirvi spunti e tecniche che mi auguro possano servire da stimolo per svecchiare la gestione del make-up nel mondo dell’estetica, ancora oggi purtroppo percepito dal pubblico come arretrato rispetto ad altri settori. Vi do appuntamento a presto e nel frattempo vi invito a scrivere i vostri punti di vista e le domande a redazione@mabellaedizioni.it

Vi saluto infine con la frase che sintetizza il mio modo di vivere il make-up: “Non amo essere considerato il truccatore delle dive, ma il truccatore delle persone comuni, che in realtà sono eccezionali, perché ogni Essere è unico ed irripetibile”.