Il mondo della dermopigmentazione si divide in tre grandi discipline: la dermopigmentazione visagistica, la dermopigmentazione artistica e la dermopigmentazione paramedicale. Approfondiamo il tema con Ennio Orsini.
La dermopigmentazione visagistica è una disciplina che mira ad armonizzare un viso con l’obiettivo di renderlo più attraente, intervenendo su sopracciglia, occhi e labbra; la dermopigmentazione artistica è una manifestazione dell’artista sulla pelle, è comunicazione, e si concretizza in un tatuaggio artistico.
La dermopigmentazione paramedicale, detta anche estetica, si occupa di ripigmentare areole mammarie, cicatrici, vitiligine. È una disciplina alla quale si ricorre per ovviare a problematiche estetiche dove la medicina e la chirurgia non possono intervenire. Solitamente chi ricorre a questo tipo di intervento intende risolvere un disagio psicologico derivante da un problema estetico, quindi l’obiettivo non è raggiungere la “perfezione”, ma risolvere quell’inestetismo che genera insicurezza e disagio.
Nella dermopigmentazione paramedicale, rispetto alla dermopigmentazione visagistica, cambiano l’atteggiamento e l’obiettivo del cliente e, di conseguenza, anche l’atteggiamento dell’operatore, che deve essere molto attento all’aspetto psicologico del cliente.
Innanzitutto è necessario dire che questo tipo di intervento in alcuni casi produce ottimi risultati, in altri no; il dermopigmentista, quindi, deve valutare attentamente la situazione, per procedere solo se il risultato è quasi garantito, evitando di illudere il cliente. In alcuni dei casi in cui il trattamento non avrebbe un buon risultato, si può consigliare un tatuaggio artistico, che spesso è un ottimo mezzo per coprire una cicatrice.
In altri casi né la dermopigmentazione paramedicale né la dermopigmentazione artistica (tatuaggio) possono risolvere il problema. È necessaria, quindi, un’analisi attenta e onesta da parte dell’operatore.
La dermopigmentazione paramedicale costituisce un’ottima risposta estetica ad esiti cicatriziali depigmentati e consiste nel ripigmentare con un color carne la cicatrice o macchia.
Poiché l’operatore può solo colorare la pelle, si ottengono risultati soddisfacenti in due casi: quando la pelle è piana e liscia e quando la differenza di colore tra la cicatrice (o macchia da coprire) e la pelle è notevole. Se la pelle non è piana e liscia, infatti, le ipertrofie e ipotrofie genererebbero delle ombre che, proiettate sulla pelle circostante, svelerebbero la presenza della cicatrice sulla quale si è intervenuti. La cicatrice da trattare, quindi, non deve essere una cicatrice in rilievo.
Se la differenza di colore tra pelle e cicatrice (o macchia) non è notevole, non si riesce ad ottenere un buon risultato in quanto è difficile colorare la pelle con micro variazioni tonali. Non si può controllare del tutto il colore che, sottopelle, inevitabilmente subisce dei viraggi.
I campi di applicazione della dermopigmentazione paramedicale in cui si ottengono buoni risultati sono principalmente i seguenti: cicatrici da mastoplatisca, cicatrici da lifting e, in alcuni casi, cicatrici varie e macchie da vitiligine.
In quest’ultimo caso, è possibile coprire la o le macchie se non sono molto estese, se la differenza di colore con la pelle è notevole, e se non si trovano in determinate zone del corpo in cui il pigmento non attecchisce (ad esempio vicino al letto ungueale). Si sconsiglia, invece, la dermopigmentazione paramedicale sulle smagliature, su cicatrici da taglio cesareo, su teleangectasie e sulle cicatrici ipertrofiche.