Di Perlita Vallasciani
Nonostante l’evoluzione del mercato, gli alti scambi socioculturali in era di globalizzazione, la libera circolazione delle professioni tra paesi europei ed extraeuropei, la facile importazione di tecnologie e prodotti cosmetici, nel nostro Paese vige la legge 1/90 unitamente ai suoi decreti e allegati che regolamenta e disciplina l’attività professionale dell’estetista. Parliamo di una legge obsoleta in molti aspetti della sua struttura: molti sono stati i tentativi di poter favorire e proporre aggiornamenti e modifiche, ma a oggi non si è ottenuto nulla di concreto. Infatti, la 1/90 resta l’unica legge alla quale attenersi per non scivolare nel reato dell’abuso di una professione non propria. Credo sia giunto il momento di chiedersi il perché della mancanza di risultati in termini di una nuova legislazione: in parte si attribuiscono colpe a un governo sempre poco attento verso il settore e talvolta favorevole verso altre “professioni”, ma la grande responsabilità proviene dal settore stesso, che ha difficoltà nel fare gruppo con unità d’intenti, per creare una grande unione capace di fare leva sulla politica governativa e aggiornare la legge attuale.
La qualità di un’operatrice si definisce in base alle scelte professionali fatte, ma anche dalla volontà di confronto e di accrescimento del proprio bagaglio culturale, elementi fondamentali per poter fare scelte consapevoli e rimanere nel binario della legalità e innalzare il proprio grado di professionalità. Infatti, la professionalità può essere costruita solo attraverso scelte consapevoli e non nel rincorrere le tendenze verso una strumentazione o una formazione che “promette titoli” e possibilità operativa non contemplati nella legge vigente, né riconosciuta alla categoria per nessun effetto di spendibilità professionale.
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La forza che si poterebbe ottenere nell’essere una grande unione di estetiste, capaci di sentirsi non superiori, non inferiori ma colleghe unite nello stesso obiettivo, è un passo importante per arginare la troppa improvvisazione, il troppo pressapochismo e il continuo dilagare dell’abusivismo. L’anno che ci lasciamo alle spalle è stato duro, ciò nonostante, abbiamo rispettato con sacrificio le regole, senza cadere al ricatto del ricorso all’abusiva di turno. Questo fa di noi grandi professioniste nel rispetto della legalità, della professionalità e della qualità che non può e non deve essere non riconosciuta al settore.
L’abusivismo non deve intimorire chi ha investito e continua a investire nella propria capacità e qualità professionale costruita su principi fondamentali del rispetto delle regole, dell’operare nella totale legalità, nella costante sete di conoscenza e nel limite delle proprie competenze.