Siamo soliti vedere la gravidanza come un evento della vita lieto, caratterizzato da vissuti positivi. Questo avviene perché è associato al concetto di una nuova vita che si prepara a venire al mondo, attorno alla quale la famiglia si riorganizza.
La gravidanza è un evento biologico e psicologico pregno di significati affettivi e relazionali e non è scontato che sia vissuto con gioia e con serenità da tutte le donne. Con la scoperta di aspettare un figlio la donna si prepara a fare i conti con un passaggio evolutivo importante, con la costruzione di una nuova identità: quella di madre. Alla pari dell’adolescenza, la maternità implica un nuovo passaggio evolutivo, di arricchimento della propria identità di donna che si articola dal punto di vista psicologico come una nuova occasione di separazione e individuazione dalla propria madre e la creazione di un nuovo modo di essere donna, compagna e figlia. Questo importante passaggio evolutivo riattiva vissuti e i conflitti irrisolti del rapporto con la madre, del modo di pensare a sé stessa e alla propria immagine corporea. Nasce una mamma con la nuova vita che si prepara a nascere, questo è vero per le primipare che costruiscono un nuovo aspetto del sé, ma anche per le secondipare o pluripare poiché ogni gravidanza è diversa dalle precedenti, ogni figlio è unico e attiva sentimenti e modi diversi di essere madre. La gravidanza trasforma la relazione di coppia, la porta ad una nuova fase evolutiva e il significato affettivo che viene attribuito alla gravidanza, inevitabilmente incide sulla relazione di coppia.
La gravidanza è fatta di cambiamenti: il corpo che si prepara ad accogliere la nuova vita e a farla crescere dentro di sé, si modifica di settimana in settimana. L’incremento ponderale è fisiologico, ma l’accettazione di questi importanti cambiamenti non avviene per tutte in modo automatico. La donna fa i conti con una nuova immagine corporea che deve essere interiorizzata e vissuta come una condizione di passaggio. La gravidanza e i cambiamenti fisici attivano in molte donne il difficile rapporto con il proprio corpo, la preoccupazione di ingrassare e l’ansia di non riuscire ad avere il controllo sul proprio peso. Così sebbene socialmente tendiamo ad associare il pancione al concetto di dolcezza e bellezza, la donna che si vede diversa può provare forte disagio e fatica a piacersi e riorganizzare la propria vita attorno ai sintomi tipici e alle esigenze della gravidanza.
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Talvolta, le emozioni spiacevoli e le preoccupazioni per il futuro che insorgono durante la gravidanza, sfavoriscono la creazione del legame con il bambino. Legame che ha inizio ancora prima dell’incontro reale tra i due e che incide anche sulla percezione della donna di essere una buona madre. Quello che accade dopo il parto è che tutte le preoccupazioni, le aspettative e le emozioni della neomamma si fanno più intense. Avviene frequentemente e per ragioni del tutto fisiologiche, ma in alcuni casi può diventare oggetto di attenzione clinica.
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MATERNITY BLUES
Il malessere successivo al parto viene definito “maternity blues”. Sindrome che si presenta come alterazione del tono dell’umore con manifestazioni tipiche come la tendenza al pianto, irritabilità, instabilità dell’umore, tristezza o rabbia, disturbi del sonno, ansia, mancanza di concentrazione e sensazione di dipendenza. Il maternity blues è conseguenza fisiologica del brusco squilibrio ormonale successivo al parto. La riduzione del progesterone e degli estrogeni agisce sul tono dell’umore provocando l’insieme di sintomi tipici di questa sindrome. Bisogna anche considerare la rilevanza dell’esperienza del travaglio e delle sue eventuali complicazioni come potenziali fattori di stress fisico e psicologico. Il maternity blues insorge entro la prima settimana successiva al parto (nei primi 2-3 giorni successivi in genere), ma i sintomi possono durare fino a 3 settimane. Si stima che la sindrome del maternity blues nel 20% dei casi duri oltre le 3 settimane successive al parto e assume la caratteristica del depressivo post parto.
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