Diventare un professionista del trucco richiede passione, creatività e soprattutto una formazione completa. Una buona accademia di make-up deve offrire un programma che spazi dal trucco di bellezza a quello scenico, dal fashion al digitale, così da preparare gli studenti a ogni contesto del mondo beauty.
A raccontarcelo è il maestro Stefano Anselmo, fondatore dell’Accademia Stefano Anselmo, punto di riferimento in Italia per chi sogna di trasformare la propria passione per il make-up in una carriera professionale.
Una volta mi chiesero in quante scuole avessi insegnato trucco durante la mia carriera professionale. Non fui in grado di rispondere esattamente: “Tra l’Italia e l’estero penso un centinaio, ma è una cifra approssimativa” risposi. “Una grande esperienza”, concluse la signora. E quindi aprii una scuola mia; eccoci al dunque: un articolo sulla mia Accademia di Milano e sulla mia esperienza di formatore.
Il trucco di bellezza: non va mai visto come semplice decorazione
Spesso il trucco viene visto come semplice decorazione del viso o come pedissequa rappresentazione della moda corrente. Si tratta invece di un procedimento piuttosto complesso che consente di equilibrare, modellare, correggere, valorizzare e quindi abbellire la persona. Tuttavia, i neo-truccatori sembrano voler unicamente seguire la moda, motivo per il quale nei miei programmi ho voluto insistere sull’importanza dello studio del viso, delle sue caratteristiche morfologiche e cromatiche e alla “compatibilità” stilistica relativamente al soggetto e al genere di trucco che si è chiamati ad eseguire. Sì, perché l’aspetto stilistico consente di creare bellezza strizzando l’occhio a un dato stile che meglio si presta a valorizzare quel dato volto evitando così gli stereotipi.
Trucco occhi: non sempre all’insù
Anche truccare gli occhi indiscriminatamente verso l’alto è un errore diffuso. Buona parte dei neo-truccatori è convinta che gli occhi “all’insù” migliorino in ogni caso. Durante i miei seminari itineranti, infatti, ho visto visi già naturalmente allungati trasformati in facce cavalline da sopracciglia e occhi esageratamente rialzati. E a tale proposito, ricordo abitual mente ai miei allievi che tra le donne più affascinanti del XX secolo alcune avevano gli occhi truccati marcatamente verso il basso. Donne passate alla storia per l’unicità del loro fascino. Qualche nome? Marilyn Monroe e Greta Garbo, per esempio. E se non le conoscete (cosa gravissima), cercatele su Internet.
Uso eccessivo degli ombretti perlati
I giovani sono affascinati dai colori perlati e scintillanti. E li acquistano molto più volentieri degli utilissimi, ma poco chiassosi, ombretti color ombra, per di più opachi. A causa di tutto ciò molte ditte arricchiscono le proprie linee espressamente di colori madreperlati per renderle più appetibili. E ci riescono. Tuttavia, questi ombretti vanno utilizzati con cautela e competenza perché, se usati senza criterio, appiattiscono, annullando ogni profondità di forma e intensità di sguardo, evidenziando il gonfiore delle palpebre o rendendo più visibile il tessuto palpebrale infeltrito.
Scarsità utilizzo di testi didattici e disinformazione sul digitale
A chi non è capitato, trovandosi nella sala d’attesa di un professionista, di sfogliare una rivista del suo settore? Eppure ancora troppi Make-up artist non consultano libri sul trucco (oltre ai miei 7 ve ne sono altri), né leggono riviste specializzate. Inoltre, pochissime scuole trattano il ritocco digitale perché l’I.A. non può essere esaustiva senza l’aiuto del ritocco digitale (almeno fino a aggi). Poche scuole utilizzano libri di testo anche per il trucco. Ad esse rivolgo il mio personale apprezzamento.
Non siamo capaci?
Il numero dei modelli di pelle scura e di asiatici è in aumento. Ma, incredibile a dirsi, salvo qualche rara eccezione, noi truccatori italiani siamo noti per non sapere truccare neri e asiatici. La maggior parte dei modelli o degli artisti si spostano con il loro truccatore personale e chi non può tiene in valigia i colori “giusti”. Eppure le passerelle pullulano di ragazzi e di ragazze, africane, asiatiche, sudamericane o di altra provenienza. Per quanto mi riguarda già negli anni ’80 inserii nel mio libro tecnico un capitolo su questo tema. Di più: per la mia Accademia di Milano ho voluto come docente Tina Tuwm, collega ghanese doc. Per finire, ricordate che il nostro mestiere è indissolubilmente legato a: fotografie, campagne pubblicitarie, opere di grafica e di pittura; lo stile degli edifici, degli arredamenti, dei mobili stessi, moderni e antichi; cinema, videoclip, stile e tendenza nelle sfilate di moda oltre a qualsiasi fonte etnografica o elemento di antropologia. Avere una mente aperta e curiosa permette un radicale giovamento anche nel modo di truccare
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