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Formare per crescere: perché l’evoluzione dell’estetista passa dall’università

Nel settore dell’estetica professionale, la competenza non è più un valore aggiunto ma una vera necessità strategica. La gestione di un centro estetico moderno richiede oggi un mix articolato di conoscenze teoriche, abilità pratiche, sensibilità relazionali e capacità imprenditoriali.

Per costruire il futuro della propria attività – e garantirne il successo – non basta più essere “brave sul campo”: serve saper leggere il contesto, padroneggiare strumenti innovativi e guidare il cambiamento. È qui che entra in gioco la formazione universitaria, chiave per un’evoluzione consapevole e duratura della professione.

Articolo di Silvia Vertuani

È in quest’ottica che si inserisce il percorso formativo promosso dall’Università di Ferrara: il Corso di Formazione per Cosmetista. Pensato per le estetiste qualificate e diplomate che desiderano evolvere la propria professionalità, rappresenta un’opportunità concreta di crescita, inclusiva e strategica, dedicata a chi proviene da percorsi non universitari ma ha motivazione, preparazione di base e voglia di fare la differenza.

Una nuova idea di formazione

Attivo da diversi anni, il corso nasce per colmare un vuoto spesso trascurato: quello tra sapere teorico e saper fare pratico, tra l’operatività quotidiana e la visione manageriale. L’estetista di oggi non è più solo una tecnica dei trattamenti, ma una consulente, una professionista del benessere, un’imprenditrice della bellezza. E ogni imprenditrice ha bisogno di strumenti solidi. Il programma, rivolto a chi possiede almeno un diploma di maturità e opera (o intende operare) nel settore estetico, propone un percorso di alto livello, strutturato in moduli teorici e pratici: lezioni frontali, esperienze in laboratorio, attività di gruppo, project work e simulazioni reali. Un approccio formativo dinamico, multidisciplinare e centrato sulla crescita professionale. I contenuti spaziano dalle forme e tecnologie cosmetiche alla lettura dell’INCI, dalla legislazione europea agli ingredienti funzionali, con attenzione all’efficacia dei trattamenti e al dialogo tra marketing e cosmetologia. Il cuore pulsante del percorso è il laboratorio: le partecipanti formulano in prima persona creme, gel, sieri e altre preparazioni, acquisendo consapevolezza diretta su ciò che applicano quotidianamente. Accanto ai contenuti tecnico-scientifici, è previsto anche un modulo dedicato al marketing strategico e alla vendita avanzata, per lavorare su posizionamento, comunicazione, identità professionale e proposta di valore.

Un ponte tra accademia e professione

Una volta perfettamente pulita, occorre contrastare l’azione dei radicali liberi con il giusto pool di attivi antiossidanti, preferibilmente sotto forma di siero per un’azione più concentrata: Resveratrolo, che protegge i telomeri del DNA, enzimi come il Q10 e la SOD (superossido dismutasi) e senza dimenticare Vitamina E e Retinolo da soli o associati ad altri elementi – come la Vitamina C -, aiutano la pelle ad auto-ripararsi e a ritrovare luminosità. Le creme notte ricche di alghe detossinanti, Rosmarino dermopurificante e Avocado molto nutriente, completano la routine serale, dando alla cute il giusto comfort.

Perché scegliere di formarsi oggi

L’estetica è un settore in costante trasformazione. Nuove tecnologie, crescente richiesta di servizi personalizzati, attenzione alla sostenibilità e consumatori sempre più informati stanno ridisegnando il panorama. In questo scenario, chi non si forma rischia di restare indietro. Chi investe nella conoscenza, invece, costruisce il proprio futuro. Il corso per Cosmetista dell’Università di Ferrara dimostra che anche le estetiste – spesso escluse dai circuiti universitari – possono accedere a una formazione di alto profilo, con risultati tangibili: per sé, per la propria attività e per il benessere delle clienti. Perché un centro estetico può essere piccolo o grande, ma con visione, metodo e competenze può davvero diventare un’impresa di successo. 

VOC: la competenza dell’ascolto che trasforma la relazione in strategia

VOC, Voice of Customer, significa “voce del cliente”.

È una disciplina nata nel mondo del marketing e della customer experience che si occupa di raccogliere, analizzare e tradurre i feedback in azioni migliorative. Nel nostro settore, significa uscire dalla logica del “va tutto bene” di cortesia, e imparare ad ascoltare davvero. Ascoltare non solo il bisogno estetico, ma anche le sensazioni, le emozioni, i dettagli che rendono un’esperienza piacevole oppure no.

Un caso reale

Una mia allieva ha applicato questo principio con una cliente che si mostrava riluttante a continuare un programma drenante, nonostante in reception – alla domanda di rito “com’è andata?” – rispondesse sempre: “Tutto bene.” Ma “tutto bene” non basta. Serve andare oltre.

Attraverso un follow-up strutturato, la professionista ha scoperto che la cliente provava freddo durante il trattamento: lo split, in piena estate, era diretto sul lettino e, unito al bendaggio crio, rendeva l’esperienza poco rilassante. Questo dettaglio, sfuggito nei feedback veloci, ha cambiato tutto. La soluzione è stata semplice: nuovo posizionamento del condizionatore, esplorazione più profonda in fase di consulenza (caldo/freddo, abitudini, preferenze), e introduzione di un check intermedio ogni due trattamenti. Un monitoraggio che non serve solo a “chiedere com’è andata”, ma a:

  • esplorare il livello di gradimento reale;
  • capire se il cliente sta usando il retail;
  • proporre referenze o trattamenti complementari.

Certo, l’agenda è cambiata:

1 ora di trattamento è diventata 1 ora e mezza. Ma quella mezz’ora in più non è tempo perso, è relazione, è strategia, è retention.

KPI umani: misurare ciò che fa davvero la differenza

Nel lavoro di ogni giorno, siamo abituate a valutare la performance delle risorse attraverso numeri immediati: quante cerette ha fatto, quanto retail ha venduto, quanti trattamenti ha erogato. Tutto giusto, certo. Ma è solo una parte della storia. Se il nostro obiettivo è migliorare la retention, allora dobbiamo iniziare a chiederci: • chi è che riesce a creare davvero un legame con il cliente? • Chi stimola il ritorno spontaneo, senza dover lanciare promozioni?

  • Chi sa ascoltare, proporre, anticipare i bisogni?
  • Chi accompagna il cliente lungo tutto il suo percorso?

Ecco, queste non sono soft skill generiche, ma competenze strategiche. E vanno misurate. Perché ciò che misuri, puoi svilupparlo. Alcuni esempi di KPI orientati alla retention:

  • tasso di ritorno dei clienti trattati (quanti clienti tornano con quella professionista nel mese successivo?);
  • livello di proposta personalizzata (quante volte è stato suggerito un percorso coerente con il profilo del cliente?);
  • frequenza e qualità del follow-up;
  • tasso di conversione da consulenza a trattamento; • soddisfazione media rilevata tramite questionari o conversazioni strutturate.

Piccolo centro, grande visione

C’è un’idea, ancora troppo diffusa, secondo cui la strategia sarebbe una cosa “da grandi”: da catene, da spa, da aziende con manager e budget.

Ma la verità è un’altra: ogni realtà, anche la più piccola, può diventare un’impresa di successo, se guidata da visione, metodo e competenze. Anzi, proprio nei centri più piccoli c’è uno straordinario potenziale di relazione, di personalizzazione, di prossimità. È lì che la retention si può coltivare davvero: con tempo dedicato, ascolto attento, percorsi costruiti con cura. Nella coerenza tra ciò che promettiamo e ciò che facciamo vivere. Nell’intenzione con cui progettiamo l’esperienza, il percorso, la relazione. Perché ogni cliente che resta, ogni cliente che torna, ogni cliente che parla bene di noi…è il risultato di una strategia invisibile, ma concreta. Una strategia che parte sempre da lì: da una visione chiara e dalla volontà di prendercene cura.