In un mercato dominato dalla grande distribuzione e da scaffali pieni di prodotti generici, la detersione rischia di essere percepita come un gesto banale. Al contrario, l’estetista professionista ha l’opportunità di sensibilizzare i propri clienti sull’importanza della corretta detersione.
La detersione serale è indispensabile per liberare la pelle da impurità, make-up e inquinamento, mentre quella mattutina è fondamentale per preparare l’epidermide ad affrontare la giornata, donandole freschezza, equilibrio e protezione. Scegliere una detersione delicata significa rispettare la barriera cutanea e garantire alla pelle ciò di cui ha realmente bisogno.
Articolo di Umberto Borellini
Consideriamo che con il cambiamento climatico la pelle raccoglie di tutto e di più e quindi si stratificano quelle che sono le normali impurità cutanee a polveri sottili e inquinanti che finiscono per depositarsi sulla pelle. Da uno studio pubblicato sul Journal of Investigative Dermatology, è stato dimostrato, che l’inquinamento favorisce la comparsa degli inestetismi delle rughe, poiché è un fattore determinante nell’aumento dei radicali liberi in circolazione, accelerando così i processi di invecchiamento cutaneo. Non solo: lo smog, un cocktail di polveri, (il famigerato particolato o pm10) causato da gas di scarico delle auto ed esalazioni delle industrie, tende ad aderire alla pelle, facendole perdere di luminosità, per cui diventa di fondamentale importanza eliminare queste impurità con costanza, rispettando però la fisiologia epidermica con il suo film idrolipidico e la sua barriera di permeabilità. Via libera quindi a soluzioni o, meglio ancora, emulsioni intelligenti e fusioni lipidiche in grado di detergere la cute per affinità, inglobando ed eliminando le particelle di sporco con un sistema assai delicato, salvaguardando le protezioni date da sebo, NMF, Ceramidi e film idrolipidico, ovvero i 4 pilastri di una cute sana.
Per gli irriducibili del sapone e ce ne sono ancora migliaia, meglio il sapone di Aleppo a base di olio di Oliva e di Alloro che ha una spiccata azione dermopurificante ed è in grado di rimuovere ogni residuo senza per questo seccare la pelle. Certo a livello di pH non è il massimo, ma almeno non inaridisce l’epidermide. Per chi invece si trucca molto o ha la cute secca e sensibile, possono essere utili gli oli e i burri, così come le creme detergenti da massaggiare e risciacquare con acqua corrente magari utilizzando un pannetto morbido fatto di fibre naturali. Al termine è importante utilizzare il tonico che aiuta a richiudere i pori e a eliminare eventuali residui di prodotto.
La sera antiossidanti
Una volta perfettamente pulita, occorre contrastare l’azione dei radicali liberi con il giusto pool di attivi antiossidanti, preferibilmente sotto forma di siero per un’azione più concentrata: Resveratrolo, che protegge i telomeri del DNA, enzimi come il Q10 e la SOD (superossido dismutasi) e senza dimenticare Vitamina E e Retinolo da soli o associati ad altri elementi – come la Vitamina C -, aiutano la pelle ad auto-ripararsi e a ritrovare luminosità. Le creme notte ricche di alghe detossinanti, Rosmarino dermopurificante e Avocado molto nutriente, completano la routine serale, dando alla cute il giusto comfort.
Post-detersione
Se la sera occorre rimuovere ciò che si è depositato sul viso, al mattino è strategico usare creme che creino la giusta barriera tra inquinanti ed epidermide. Prima di tutto è essenziale restituire alla pelle tutti nutrimenti attraverso oli e burri vegetali, perfetti quelli di Mandorle, Girasole, Canapa, Jojoba e burri di Karitè o Bacuri, e poi umettare ed idratare in modo da mantenere efficiente il film idrolipidico protettivo: sì all’estratto di Aloe, al NMF (Natural Moisturizing Factor, una molecola biotech), all’acido Ialuronico ad alto e a basso peso molecolare. Quindi la regola fondamentale è detergere delicatamente, per poi restituire.
VOC: la competenza dell’ascolto che trasforma la relazione in strategia
VOC, Voice of Customer, significa “voce del cliente”.
È una disciplina nata nel mondo del marketing e della customer experience che si occupa di raccogliere, analizzare e tradurre i feedback in azioni migliorative. Nel nostro settore, significa uscire dalla logica del “va tutto bene” di cortesia, e imparare ad ascoltare davvero. Ascoltare non solo il bisogno estetico, ma anche le sensazioni, le emozioni, i dettagli che rendono un’esperienza piacevole oppure no.
Un caso reale
Una mia allieva ha applicato questo principio con una cliente che si mostrava riluttante a continuare un programma drenante, nonostante in reception – alla domanda di rito “com’è andata?” – rispondesse sempre: “Tutto bene.” Ma “tutto bene” non basta. Serve andare oltre.
Attraverso un follow-up strutturato, la professionista ha scoperto che la cliente provava freddo durante il trattamento: lo split, in piena estate, era diretto sul lettino e, unito al bendaggio crio, rendeva l’esperienza poco rilassante. Questo dettaglio, sfuggito nei feedback veloci, ha cambiato tutto. La soluzione è stata semplice: nuovo posizionamento del condizionatore, esplorazione più profonda in fase di consulenza (caldo/freddo, abitudini, preferenze), e introduzione di un check intermedio ogni due trattamenti. Un monitoraggio che non serve solo a “chiedere com’è andata”, ma a:
- esplorare il livello di gradimento reale;
- capire se il cliente sta usando il retail;
- proporre referenze o trattamenti complementari.
Certo, l’agenda è cambiata:
1 ora di trattamento è diventata 1 ora e mezza. Ma quella mezz’ora in più non è tempo perso, è relazione, è strategia, è retention.
KPI umani: misurare ciò che fa davvero la differenza
Nel lavoro di ogni giorno, siamo abituate a valutare la performance delle risorse attraverso numeri immediati: quante cerette ha fatto, quanto retail ha venduto, quanti trattamenti ha erogato. Tutto giusto, certo. Ma è solo una parte della storia. Se il nostro obiettivo è migliorare la retention, allora dobbiamo iniziare a chiederci: • chi è che riesce a creare davvero un legame con il cliente? • Chi stimola il ritorno spontaneo, senza dover lanciare promozioni?
- Chi sa ascoltare, proporre, anticipare i bisogni?
- Chi accompagna il cliente lungo tutto il suo percorso?
Ecco, queste non sono soft skill generiche, ma competenze strategiche. E vanno misurate. Perché ciò che misuri, puoi svilupparlo. Alcuni esempi di KPI orientati alla retention:
- tasso di ritorno dei clienti trattati (quanti clienti tornano con quella professionista nel mese successivo?);
- livello di proposta personalizzata (quante volte è stato suggerito un percorso coerente con il profilo del cliente?);
- frequenza e qualità del follow-up;
- tasso di conversione da consulenza a trattamento; • soddisfazione media rilevata tramite questionari o conversazioni strutturate.
Piccolo centro, grande visione
C’è un’idea, ancora troppo diffusa, secondo cui la strategia sarebbe una cosa “da grandi”: da catene, da spa, da aziende con manager e budget.
Ma la verità è un’altra: ogni realtà, anche la più piccola, può diventare un’impresa di successo, se guidata da visione, metodo e competenze. Anzi, proprio nei centri più piccoli c’è uno straordinario potenziale di relazione, di personalizzazione, di prossimità. È lì che la retention si può coltivare davvero: con tempo dedicato, ascolto attento, percorsi costruiti con cura. Nella coerenza tra ciò che promettiamo e ciò che facciamo vivere. Nell’intenzione con cui progettiamo l’esperienza, il percorso, la relazione. Perché ogni cliente che resta, ogni cliente che torna, ogni cliente che parla bene di noi…è il risultato di una strategia invisibile, ma concreta. Una strategia che parte sempre da lì: da una visione chiara e dalla volontà di prendercene cura.


