Un trattamento ben fatto non basta. Il momento del congedo è decisivo per lasciare un’impronta nella mente e nel cuore del cliente. In questo articolo esploriamo come valorizzare l’ultima impressione, coltivare la relazione e rafforzare la fedeltà, un gesto alla volta.
A cura di Ilaria Mereu – Founder About Aesthetics
Immagina: hai cenato in un ristorante gourmet. Tutto perfetto, dall’accoglienza alla cucina. Ma al momento del conto, il cameriere non ti guarda nemmeno in faccia, ti porge il resto di fretta e si allontana. Tutto ciò che hai vissuto perde forza. Non per colpa dei piatti, ma per quel finale. Questo esempio, tratto dalla ristorazione, ci insegna qualcosa che non può essere relativizzato: le fasi finali condizionano il ricordo complessivo. Vale per una vacanza, una serie TV, una partita di calcio. E vale, soprattutto, per i centri estetici. Il congedo non è una formalità. È il momento in cui tutto ciò che è stato vissuto trova un senso. Un picco, o un vuoto. Una chiusura, o un inizio. Non è un’impressione soggettiva, ma un meccanismo oggettivo: come ci ha insegnato Daniel Kahneman, la memoria non è una registrazione fedele, ma selettiva. Ricordiamo i picchi emotivi e il finale: è la Peak-End Rule.
Quando il finale non è all’altezza
Nel nostro settore, spesso il finale viene trascurato. Si curano la manualità, le texture, la selezione delle sostanze attive. Ma i momenti conclusivi in diversi casi vengono gestiti in modo frettoloso, routinario, impersonale. Magari sei già alla cassa, POS in mano, perché hai un altro cliente che aspetta. Al netto dei periodi frenetici, è importante ammettere una responsabilità: quando si struttura l’agenda, si considera solo la durata tecnica del trattamento. Quasi mai il tempo relazionale che lo precede e lo conclude. Eppure, quel tempo è un investimento. Non solo per il cross selling. Ma per costruire capitale relazionale, una ricchezza fondamentale quanto quella economica. Tra gli errori più frequenti:
- proposte di skincare improvvisate e frettolose in cassa;
- comunicazioni di aumento prezzi al momento del pagamento;
- nessuna direzione sull’appuntamento successivo;
- percezione di fretta, confusione, approssimazione;
- congedi affrettati, assenza di ritualità, frasi generiche.
Il momento della proposta: più che una vendita, un passaggio di cura
Uno dei touch point più delicati è proprio la proposta: che sia di skincare domiciliare o di un nuovo percorso. Tante professioniste la temono, come se fosse un atto forzato. Ma il problema non è proporre. È quando, come e in che contesto lo si fa. Spesso la proposta arriva nel momento meno opportuno. Il cliente è già alla cassa, con il bancomat in mano, la giacca addosso, pronto a pagare. Nell’area lounge ci sono altre persone in attesa, che ascoltano ogni parola. Nulla è stato anticipato, spiegato, preparato. E ciò che viene detto in fretta, tra l’imbarazzo e la sensazione di essere osservato, perde forza. O peggio, crea distanza. Ma una proposta ben fatta non è una vendita. È un orientamento, una cura che continua, un modo per accompagnare il cliente in una scelta consapevole. La buona proposta non inizia alla cassa. Inizia in cabina, nel momento più delicato: quello del ritorno alla realtà. Quando il trattamento si conclude, il cliente è ancora sospeso in una dimensione emotiva diversa, più ricettiva, più profonda. È il momento in cui rimuovi una maschera, un impacco, un fango. In cui la pelle si è placata e la mente è ancora rilassata. È lì che puoi seminare l’idea, con grazia. Restituendo alla persona non solo il suo corpo, ma anche la consapevolezza di ciò che ha vissuto, e di come proseguire. Con poche parole, con un consiglio mirato, con un’attenzione sincera. Poi arriva la transizione: Ti aspetto fuori, rivestiti con calma… prenditi il tuo tempo. Ma qualcosa, dentro, è già stato attivato.
Una buona proposta:
- parte da ciò che il cliente ha vissuto;
- valorizza le sue parole e i suoi bisogni;
- costruisce un ponte verso il dopo;
- è coerente, non forzata;
- è contestualizzata, non casuale.
- va preparata prima;
- va personalizzata;
- va presentata con grazia, senza ansia o fretta.
Quando il dopo cambia tutto
Lavorare sul congedo significa lavorare sulla memoria. Significa chiedersi: cosa resterà di me, della mia voce, del mio tocco, della mia presenza? Significa passare dal semplice soddisfare, al lasciare un’impronta. A MABELLAfest abbiamo parlato di tutto questo: dell’importanza dei picchi emotivi, della forza dell’ultima impressione, del potere del ricordo come ponte verso il futuro. Perché non basta fare un buon trattamento. Serve che il cliente senta di essere stato importante. Serve chiudere bene. Anzi, aprire bene. Perché è lì, nel congedo, che si gioca la vera partita della Customer Experience. Non un addio. Un nuovo inizio.


