Facciamo luce sui cosiddetti processi infiammatori, indicando alcuni approcci fitoterapici.
Così come per molte altre situazioni che scatenano delle condizioni patologiche, tanto oggi si sente parlare dei processi infiammatori, soprattutto dopo le varie “ondate” legate al Covid-19 che abbiamo subito. In questo breve scritto vediamo di dare delle informazioni che possano essere utili per far luce su questi processi, così da individuare soluzioni migliorative e, se questo può essere utile, abbassare il cosiddetto carico infiammatorio.
In generale per infiammazione, o flogosi, si intende un meccanismo di difesa non specifico innato, che costituisce una risposta protettiva, seguente all’azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici, il cui obiettivo finale è l’eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale, nonché l’avvio del processo riparativi.
Clinicamente l’infiammazione viene caratterizzata da alcuni segni distintivi che sono: calore della parte infiammata se l’infiammazione è topica o alterazione della temperatura interna (febbre) se l’infiammazione è sistemica. Altri “segni” possono essere arrossamento, tumefazione, dolore, alterazione funzionale: in questi ultimi la sintomatologia sistemica può risultare nell’affaticamento o dolore muscolare diffuso, stanchezza, emicrania, ecc. Alla luce di quanto detto sopra e indipendentemente dai segni, è assolutamente evidente che il/i processo/i infiammatorio/i sono delle risposte positive quando è necessario “combattere” il nemico, l’intruso, lo stimolo stressogeno (sia fisico che psicologico). Risulta chiaro che si tratta di una risposta a un evento acuto in grado di scatenare un processo infiammatorio di medio o di alto grado; processo che, al momento in cui l’evento scatenante viene “sconfitto”, si arresta.
Vero è però che, in questo particolare momento storico, a livello clinico stiamo evidenziando tutta una serie di “carichi stressogeni” in grado di innescare processi infiammatori di basso grado, che non sono risposte a eventi acuti, ma si instaurano come processi costanti di tipo cronico, mantenendo a livello fisiologico una costante presenza di proteine pro infiammatorie che mano a mano vanno a diminuire e a volte completamente eliminare le nostre naturali difese antiossidanti sia endogene che esogene.
L’infiammazione cronica è stata definita come il lato oscuro dell’infiammazione ed è stato dimostrato essere associata a diverse condizioni non-fisiologiche quali: l’aterosclerosi, l’obesità, il diabete, le cardiopatie, la psoriasi, l’artrosi, l’artrite reumatoide, le infiammazioni intestinali, la cellulite, fino ai disordini neurodegenerativi (neuroinfiammazione) nonché alcune problematiche legate all’invecchiamento (inflammaging).
Bene, è proprio questa condizione cronica che dobbiamo evitare, condizione in cui il processo infiammatorio non è più un amico, ma un nemico. Come possiamo dunque portare “acqua al nostro mulino”, ovvero detossificare la presenza di molecole proinfiammatorie e ripristinare il carico antiossidante?